lunedì 24 giugno 2013

The Last of Us

Vorrei iniziare con una riflessione: chi alla mia età continua a giocare ai videogames penso che sia una persona fortunata. Ma non tanto per il semplice fatto di aver portato così tanto a lungo un passatempo che contribuisce a tenere vivo il cervello, ma soprattutto perchè abbiamo vissuto un'evoluzione che ha portato questo media fornire delle esperienze sempre più ricche di contenuti e di grande coinvolgimento. Non ho mai nascosto il mio amore per determinate saghe, che hanno saputo darmi delle emozioni sempre in linea con la mia crescità e la mia maturità.

Quando scorrevano di fronte a me i titoli di coda di "The Last of Us" non ho potuto non pensare al 1986 del fumetto, periodo in cui albi come "Watchmen" e "Il Ritorno del Cavaliere Oscuro" hanno creato un punto di rottura col passato, e iniziando di fatto il periodo della Dark Age, dove i supereroi sono arricchiti di sfumature più complesse, più oscure, e più elaborate. Quella decostruzione dell'animo super-umano che ha dato spessore a degli eroi altrimenti frivoli e monodimensionali.

Ma cosa c'entra questo con "The Last of Us"?
Probabilmente in pochi lo hanno completato, visto che è uscito il 14 giugno. Ebbene si, per la seconda volta preordino un titolo, e decido di pagarlo a prezzo pieno. 8 anni sono passati dall'ultima volta, era marzo del 2005 quando ritirai la mia copia di "Metal Gear Solid 3: Snake Eater", un gioco per cui se tornassi indietro spenderei ugualmente la stessa cifra, tanto sono rimasto soddisfatto, tanto mi ha emozionato e tanto mi ha commosso.
Memore di queste sensazioni, e spinto anche dal fatto che il titolo Naughty Dog è anch'esso uno delle ultime esclusive per PS3, così come lo era stato MGS3 per PS2, decisi quindi di comprarlo al lancio.
"Il Canto del Cigno" così è stato definito.

Non intendo parlarvi di quanto il gameplay sia piacevole e appagante, di come dal punto di vista tecnico ci troviamo di fronte ad un gioello capace di non sentire il bisogno di un passaggio all'ormai prossima PS4. E non parlo nemmeno della narrazione, in grado di accorciare ulteriormente il confine tra gioco e film, grazie ad una storia interessante e intensa, e di una capacità di recitazione dei personaggi fatti di poligoni che non fanno rimpiangere attori in carne ed ossa.

Quello di cui intendo parlare è la sensazione che il gioco mi ha trasmesso. Buffo, ho scritto "gioco" e mi sembra una parola sbagliata. Perchè "The Last of Us" è un'esperienza, un viaggio di due persone costretti alla sopravvivenza in un mondo decimato da una terribile epidemia, e diventato brutale e inospitale.
Molti diranno che i temi di "epidemia" e "scenario apocalittico" sono terreni già piuttosto battuti e per nulla originali. E' vero, ma qui ecco che rientra il mio discorso sulla Dark Age.

La bravura di Naughty Dog è stata quella di prestare attenzione non tanto all'epidemia ed alla presenza degli infetti (che sono paragonabili agli zombie) ma di concentrarsi sul rapporto tra il burbero Joel e la sua compagna di viaggio Ellie, e sul mondo che li circonda, rappresentato con un realismo ed una crudezza che non ricordo aver mai visto in videogame.
Io vi consiglio, se lo giocate, di non avere da subito l'occhio critico per verificare la veridicità delle mie parole, ma di proseguire perchè è mano a mano che la storia procede che le situazioni diventano dure ed anche difficilmente condivisibili.

E in questo, ho adorato "The Last of Us".
Perchè è un gioco che in qualche modo divide. Che se lo vivete con il giusto coinvolgimento, vi porterà inevitabilmente a farvi delle domande, a riflettere. Ad immedesimarvi come mai vi era successo ed ha rendervi conto che il mondo del videogioco è più che mai ad un passo da una svolta importante, dove riprende temi e meccaniche già viste, ma li racconta con parole più vere, più autentiche, più mature e più cattive.

Ho sentito dire che "The Last of Us" pare sia già considerato il miglior gioco di questa generazione di console. No, io non me la sento di etichettarlo in questo modo.
"The Last of Us" è un titolo che potrebbe influenzare pesantemente le meccaniche narrative e l'approccio emozionale a questo tipo di intrattenimento, e non mi stupirei quindi che su PS4 assisteremo a molti più titoli con questo tipo di maturità, non più destinati ad un pubblico di pochi intenditori.
Vedete ad esempio "Heavy Rain", un titolo dai forti toni drammatici, ma decisamente di nicchia, avendo una meccanica da avventura grafica, mentre "The Last of Us", essendo un survival-stealth (termine che ho già letto da qualche parte), diventa più appetibile per il videogiocatore medio.

Al momento però, non penso a chissà quali titoli compariranno su PS4. Mi rimane ancora in bocca il  sapore di questo splendido gioco, che ha saputo emozionarmi, toccarmi e turbarmi come mai prima d'ora mi era successo.

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