venerdì 19 aprile 2013
Giocare con la morte
Mi rendo conto che intitolare un post in questo modo possa suggerire contenuti macabri o particolarmente profondi.
La morte è sempre un argomento difficile da trattare, proprio perchè ci si scontra su punti di vista differenti ed è facile cadere nel banale. Ma non è di "morte" nel senso quotidiano che intendo parlare, ma di morte nei videogames. Anzi, di uno in particolare.
Tempo fa iniziai Dark Souls su Xbox 360, per poi abbandonarlo e ricominciarlo su PS3.
Perchè questo cambio di piattaforma? Presto detto... per poter utilizzare la componente online del gioco, molto particolare e di grande aiuto. Infatti ci permette di aiutare o essere aiutati da altri giocatori, grazie ai quali possiamo progredire più rapidamente nella crescita del nostro alter ego e sconfiggere i nemici più coriacei.
Senza neppure averlo completato ecco che, spinto dalla curiosità, mi faccio prestare dal buon Fabio il titolo precedente di From Software, Demon's Souls.
I due titoli non sono "collegati" nel senso che Dark Souls non è il seguito di Demon's Souls.
Ma anzi, il titolo successivo è una sorta di "erede" che porta il gioco in un altro contesto e rivoluziona alcuni aspetti del gioco, lasciandone immutati altri, tra cui l'idea di base e la difficoltà elevata.
Piccola spiegazione: i titoli in questione sono degli action-RPG, traducibile come gioco di ruolo d'azione, dove abbiamo da una parte una progressione ed una personalizzazione del personaggio tipica del più puro dei giochi di ruolo: scegliere la classe, raccogliere equipaggiamento ed oggetti, utilizzare gli stessi. Tuttavia l'approccio al gioco è votato unicamente al combattimento, non ci sono molti dialoghi o scelte da sostenere, alla storia non viene data la stessa importanza che in altri giochi di questa generazione (anche se è presente, ma tenuta in sordina e va scoperta man mano), proprio perchè la sfida sta nel gioco stesso, ovvero affrontare i vari Mondi abbattendo nemici.
La grande "innovazione" se vogliamo così definirla risiede in un approccio molto tattico e schermistico, dove anche il più basilare dei nemici, se affrontato troppo alla leggera, può infliggere seri danni se non addirittura ucciderci.
Indispensabile quindi rimanere sempre in guardia, non sottovalutare i nostri avversari e soprattutto non affrontarli in gruppo, in quanto diventano letali.
Sembra impossibile? In realtà no, perchè ogni nemico ha un proprio stile di combattimento, studiando e conoscendo i suoi attacchi si riesce ad andare avanti. Se poi non siamo abbastanza forti o semplicemente non ci sentiamo pronti per alcune aree, possiamo dedicarci a potenziare il nostro personaggio.
Per crescere di livello abbiamo bisogno di "anime" che sono la "moneta" del gioco: le otteniamo uccidendo i nemici (più sono forti e più ne lasciano) e ci servono anche per comprare equipaggiamento e migliorarlo. Quindi è necessaria un'attenta pianificazione di come spendiamo le nostre anime. Non sempre è utile salire di livello, ma comprare una migliore armatura o potenziare le armi risulta spesso un ottimo investimento.
Ogni volta che veniamo uccisi, le anime che abbiamo accumulato rimarranno lì, dove siamo morti, sottoforma di chiazza di sangue. Noi veniamo riportati all'ultimo checkpoint, non sempre a due passi dal luogo della nostra dipartita.
Le nostre anime aspettano solo che le andiamo a riprendere.
Facile, direte voi... e qui c'è il tranello: se dovessimo morire PRIMA di averle recuperate (e vi assicuro che capiterà molto spesso) quelle anime scompariranno, si creerà una nuova chiazza di sangue con le anime che possediamo in quel momento.
Facendo un esempio pratico: supponiamo che sono morto a millemila chilometri dal punto di checkpoint, con la bellezza di 5000 anime, e quelle se ne stanno pronte per essere recuperate. Io riappaio con zero anime. Immaginiamo che colleziono tipo 250 anime e muoio cadendo da una rupe: la chiazza di sangue con 5000 anime è perduta, e mi rimane quella da 250 sulla soglia del dirupo da poter recuperare.
Io mi sono abituato al sistema di Dark Souls, dove la presenza di punti nella mappa, i "falò", ci consentono di migliorare le nostre caratteristiche e quindi, con un po' di pazienza, di diventare più forti anche gironzolando per più tempo nella stessa area. La presenza di diversi falò non troppo lontani, ci consente di fermarci spesso. Certo, girare per gli stessi posti diventa noioso, ma se non altro, a qualcosa serve, e se non siamo troppo avventati non perderemo nemmeno anime.
Demon's Souls è terribile.
Ho avuto dei pareri del tipo "all'inizio è più difficile, poi è abbordabile".
Porca miseria! Demon's Souls ha una gestione dei "checkpoint", l'equivalente dei falò, che sono disposti in modo assolutamente proibitivo! Non solo questi punti, chiamati "arcipietre", sono molto distanti l'uno dell'altro, per crescere di livello bisogna usarli per teletrasportarsi ad una zona sicura chiamata "Nexus" che è un po' il quartier generale del gioco. Qui troviamo un fabbro che ripara e migliora le nostre armi, e diversi personaggi utili per progredire.
La gestione del personaggio diventa quindi più macchinosa, complice anche nemici che donano poche anime e sono parecchio agguerriti. Mi è capitato quindi di gettare al vento ore di partita, perchè ho perso numerose anime per colpa di zone particolarmente pericolose.
Non vi sto quindi a dire l'arricchimento del mio personale repertorio di imprecazioni di questi giorni.
Tuttavia... questi titoli mi stanno prendendo parecchio. Mi piacciono i giochi di ruolo, e mi piace la filosofia di fondo di questi titolo: la morte.
Dietro alla scatola di Dark Souls c'è scritto:
"PREPARATI ALLA MORTE"
Ed è interessante come in effetti morire è la cosa che capita più spesso di fare.
Non solo per il fatto che sia molto facile, ma qui DEVI morire. Il più delle volte si muore per un motivo: non eravamo abbastanza forti, il nostro equipaggiamento era inadatto, abbiamo sbagliato strategia, abbiamo sottovalutato un'area, siamo andati troppo avanti quando saremmo dovuti rimanere indietro.
La morte non è un semplice game over, ma è spesso la conseguenza di un errore che, una volta compreso, impariamo a non ripetere. Soprattutto perchè lo paghiamo caro.
Di solito nei videogiochi, morire significa che il protagonisa della storia ha cessato la sua vita. Ripartire dall'ultimo salvataggio diventa una "seconda possibilità", come se il tempo si riavvolgesse per pochi minuti e il nostro eroe ha la possibilità di ripetere l'azione, e questo succede fino alla fine della storia, finchè non salva la Terra, o qualcosa di simile.
Difficilmente troverete un videogioco che alla morte del protagonista si blocca e ti dice "ci dispiace, l'eroe è morto e quindi la Terra o altro è spacciata!". Nei videogiochi (o almeno quelli cinematografici) c'è la regola della "morte come incidente di percorso, devo ripetere e non farlo accadere". Ok, ci sono i finali multipli... ma questa è un'altra faccenda.
Demon's Souls e Dark Souls rappresentano un'eccezione: morire è parte stessa dell'avventura, in quanto se siamo in forma umana e muoriamo, torniamo in vita sottoforma di spirito (o di non-morto nel caso di Dark Souls).
Ripetere l'azione non è come riavvolgere il tempo.
La progressione nel gioco c'è sempre ed è continua, solo che ci penalizza riportandoci in una forma non più umana, creando un ciclo macabro e frustrante, ma che appare concreto e reale.
Ripartire dal checkpoint non è mai un'oppurtunità per cancellare gli errori.
Questa è la caratteristica che mi piace di più, per quanto tetra: un Mondo che ha proprio svolgimento, che non ammette "seconda possibilità" ed ogni cosa che facciamo influenza e si ripercuote sulla nostra partita.
Dark Souls l'ho sempre visto come un cammino verso la salvezza e il ritorno ad una forma umana finalmente tranquilla: incontri personaggi grotteschi che dicono ridendo "Ahhh, vedo che non sei ancora impazzito!" e impazzire significa l'essere confinati in quel Mondo di non-morti a vagare tormentando le anime dei vivi... a conti fatti si traduce nell'abbandonare il gioco!
Credo che sia uno di quei casi in cui un videogame sa di essere tale, e come tale ti offre un'esperienza profonda, dove l'estrema difficoltà viene quindi giustificata da un traguardo molto, molto grande e quasi irraggiugibile: riconquistare la propria libertà da un Mondo opprimente.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento