martedì 5 maggio 2015

Indietro nel tempo: ZERO


Ci sono dei giorni in cui mi piace "fermarmi" e dare uno sguardo agli oggetti che ho in casa.
Non è un mistero ormai, visti gli argomenti trattati in precedenza in questo blog, che io abbia una forte vena nostalgica e che non abbia problemi a metterla in evidenza, col rischio di apparire una persona troppo ferma nel passato.

Ma vorrei non cadere in questo equivoco, soprattutto se si sa distinguere il semplice ricordo di un periodo passato, al reale valore di quell'oggetto, e soprattutto all'influenza che esso ha avuto all'interno della nostra vita.

Parlare della rivista ZERO, edita dalla storica casa editrice bolognese Granata Press, non è semplicemente un viaggio nei ricordi, ma un vero punto di rottura nel panorama fumettistico italiano. Una ventata di aria fresca proveniente dall'Oriente, l'invasione definitiva delle produzioni giapponesi, già in passato entrate nelle nostre case con i Super Robot di Go Nagai.



Stava finendo il 1990, avevo 13 anni, e nell'edicola vicino casa vidi questo albo che catturò la mia attenzione, per due motivi: aveva un'aspetto molto aggressivo, diverso a quello a cui ero abituato con gli altri fumetti. E in copertina c'era Kenshiro.

Vi mostro il numero 2 per un semplice motivo: nell'edicola cominciai da questo, ma fortunatamente in seguito il gentile edicolante riuscì a recuperare il primo numero.
Ovviamente all'epoca conoscevo già Ken il Guerriero, lo vidi qualche anno prima in emittenti minori, e fu uno dei cartoni animati che più mi sconvolsero dal punto di vista estetico: disegni mozzafiato, fiumi di sangue, e soprattutto questo personaggio principale che era tale e quale a Bruce Lee.
Sapere che esisteva un fumetto di questo eroe era fantastico, e ricordo anche che all'epoca ero convinto che fosse un fumetto realizzato in seguito al successo del cartone animato.

Cominciai a seguire questa particolare rivista, e mi si aprì un mondo: scoprii che questi fumetti particolari si chiamavano "manga" e si leggevano al contrario. capii che i cartoni animati non erano tutti uguali, che esistevano cioè anche gli OAV (Original Anime Video) una sorta di miniserie animati destinati al mercato home video.

E conobbi Xenon.
Perché Xenon è così importante? Perchè è stato il primo vero manga originale arrivato in Italia.

Hokuto no Ken era fantastico, ma si trattava di un personaggio già noto e la sua presenza era certamente un ottimo incentivo per invogliare l'acquisto (per anni è stato mantenuto il titolo "Ken il Guerriero" al posto dell'originale "Hokuto no Ken" sicuramente per una maggiore familiarità).
Xenon, pubblicato nelle pagine di ZERO assieme proprio a Ken, poteva essere considerato il "manifesto" di questa nuova forma di espressione: tra disegni iperdinamici e mecha incredibilmente realistici e maturi del grande Masaomi Kanzaki, si sviluppava questa storia crudele e drammatica, ma con un protagonista dotato di bio-armatura dannatamente figa.

Per quanto la caratterizzazione di Asuka Kano / Xenon poteva essere a prima vista accostata a quella di un supereroe americano, in realtà non c'era niente di più diverso. Asuka non è un paladino del bene o un vigilante di qualche città, ma anzi un teppistello arrogante ed estremamente egoista, il cui unico scopo è vendicarsi di chi lo ha trasformato in una macchina di morte.
Nel corso della storia dovrà confrontarsi con quello che è diventato ed inevitabilmente dovrà crescere e maturare.

Come fate a non dire che è figa da morire questa armatura?
E' innegabile considerare Xenon qualcosa di unico ancora oggi, soprattutto considerando il periodo e il contesto in cui lo abbiamo letto.
Il rapporto uomo / macchina usato come metafora del cambiamento e della crescita, una dicotomia bene / male molto ambigua, ben diversa a quella a cui eravamo abituati. Ed una narrazione in cui si alternano momenti estremamente dolorosi ad altri particolarmente comici, una caratteristica che ho imparato a riconoscere nelle produzioni giapponesi.

Quel giorno, insomma, ci siamo accorti che i fumetti erano cresciuti, ed erano in grado, pur mantenendosi un intrattenimento per ragazzi, di offrire contenuti più profondi, adulti ed anche molto più spietati.

Dopo ZERO, i ragazzi non sono stati più stessi.
Il fascino di queste storie e di questa estetica si è radicata talmente tanto in me che per anni ho sognato di fare il fumettista creando personaggi modellati su questi stereotipi.
Sfogliando le pagine di Xenon, rivedo alcune soluzioni grafiche pensate molti anni dopo, nonostante abbia diversificato molto le mie letture, segno che alcune cose ti rimangono dentro, marchiate a fuoco e indelebili nel tuo immaginario.

ZERO è arrivato nelle edicole a novembre del 1990 per poi concludere una sorta di "prima stagione" col numero 39, febbraio del 1994.
Al suo interno abbiamo potuto leggere, oltre ai gia citati Hokuto no Ken (poi proseguito nella testata dedicata Z Compact) e Xenon, anche Baoh, Patlabor, Sanctuary, Gunhed, Spriggan, Silent Mobius, Appleseed, Macross 2, Battle Angel Alita e Genocyber.


Dopo qualche mese di pausa, a luglio 1994 ZERO riparte dal numero 1, cambiando formato e veste grafica, offrendo contenuti più vari ed un'impaginazione molto più elaborata, ben lontana da quella minimale ed asciutta della precedente versione. Esordisce pubblicando una storia inedita di Hokuto no Ken e proseguendo nei numeri successivi con Genocyber e Lycanthrope Leo.
Purtroppo il fallimento di Granata Press fermerà questa nuova serie al numero 7, bimestrale febbraio / marzo 1995.

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